Il progetto “Vie Francigene di Sicilia”

Una piccola premessa storica…

Già da alcuni anni, numerosi studi scientifici di settore sulla viabilità siciliana antica hanno riportato in luce il complesso sistema viario che attraversava – e attraversa – la Sicilia, percorrendone linee di costa e linee montane e toccando i più grandi insediamenti, indigeni prima e greci poi. Tale sistema permetteva di connettere, con precisi criteri di funzionalità, punti importanti nel territorio, insediamenti, villaggi o centri embrionali di commercio e scambio, connettendoli tra di loro per mezzo di sentieri battuti dalle popolazioni che lì abitavano sin dal XV sec. a.C.sicilia peutingeriana

La dominazione romana, dal 260 a.C. in poi, assesta un sistema viario e, grazie all’attività dei consoli a cui la provincia era stata affidata, lo fortifica e lo mette a regime con la costruzione di una serie ponderata di statio e , stazioni di sosta e riposo per i corrieri e per le loro cavalcature, luoghi dove era possibile mangiare e fermarsi per la notte.

Durante il corso di tutto il Medioevo la dominazione araba prima e normanna poi, eredita questo sistema viario. Pur non gestendolo con la stessa meticolosità delle magistrature imperiali, lo mantiene in vita attraverso l’utilizzo e l’ufficio del pellegrinaggio, che sotto la spinta dei monaci dell’Abbazia di Cluny diventa vero e proprio modello culturale, avvia quel complesso fenomeno di latinizzazione che riporterà l’araba Siqilliyya tra le terre cristiane amministrate dalle corti normanne, militarmente forti e fedeli al Papa di Roma.

Sicilia in Valli

Pellegrinaggio che è marcia e cammino verso i luoghi santi: Roma, sede del martirio degli apostoli Pietro e Paolo; Santiago de Compostela, punto estremo della penisola europea e sede del ritrovamento delle reliquie di Giacomo il Maggiore, santo caro alle corti normanne del tempo, emblema della reconquista che ridarà ai conti normanni il controllo della Sicilia; Gerusalemme, luogo santo della vita e delle morte di Gesù Cristo, limes fondamentale che ispira venerazione e genera appartenenza in tutto quel movimento politico economico religioso che prenderà il nome di Crociate.

Negli atti e nei diplomi normanni di questo periodo, appaiono così indicati confini poderali, limiti territoriali o lasciti e donazioni alle varie abbazie e santuari che riportano il toponimo di megale odos, magna via, basilike odos, via regia e per ben quattro volte, nel 1089 nel territorio di S.Lucia del Mela (Me), nel 1096 in prossimità dell’odierno comune di Castronovo di Sicilia, con l’attestazione di “Magna via francigena castronobi”, nel 1105 nel territorio di Vizzini in contrada Fabaria e nel 1267 in una pergamena che cita una via “Francigena” «qua venitur a turri Maymonis Mazariam», nella odierna Mazara del Vallo.

Punto di arrivo di tutti i cammini siciliani era Messina, città liberata per prima dai Normanni nel 1061 e fulcro delle operazioni che in appena un trentennio avevano ricacciato i Mori, chiudendo quasi due secoli di dominio arabo.

Siamo riusciti a mettere a studio un sistema di vie che hanno come punto in comune la presenza di una testimonianza chiaramente verificabile negli archivi storici in cui si conservano i documenti e i codici di età normanno-sveva e che citano in almeno quattro luoghi ben distinti una  “via francigena“:

– la via che da Agrigento risale verso Palermo, citata in un documento del 1098, redatto dalla cancelleria sveva a copia di un precedente atto notarile, come  Magna Via Francigena® in latino – …ten Odon ten Megalen ton Frankikon tou Kastronobu…- in greco;

– la via che da Palermo porta a Messina lungo le Madonie e i Nebrodi e i Peloritani, chiamata “Palermo-Messina per le montagne” che testimonia la fase di incastellamento che la costa tirrenica vive nel VII sec. d.C. e la sua più antica “sorella” che per correva la marina, camminando sulla costa e oltrepassando i malipassi dei vari promontori, attraversando tutta la costa settentrionale sin dal tempo delle colonie greche;

– la via che da Gela lascia l’antica via Selinuntina e punta all’abbazia di Santa Maria di Maniace, ai piedi dell’Etna, chiamata Via Francigena Fabaria da un diploma del 1105 che cita nel territorio oggi compreso tra Vizzini e Grammichele una “via francigena via fabaria“;

– la via che da Mazara del Vallo risale verso Marsala e verso la direttrice per Palermo, chiamata Via Francigena mazarense che permetteva il collegamento della cuspide più occidentale della Sicilia, Marsala antica Lilibeum con la città di Palermo e con la via Palermo-Messina per le montagne;

– la via romana che dall’antica Lilibeo passa a Selinunte, Agrigento e giunge a Gela, chiamata Via Selinuntina, che collegava i più importanti insediamenti greci prima e romani dopo.

mappa aggiornata Cammini Sicilia

TROVI TUTTE LE INFORMAZIONI AL NUOVO SITO
http://www.viefrancigenedisicilia.it
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9 pensieri riguardo “Il progetto “Vie Francigene di Sicilia”

  1. Sono certo che la via francigena fabaria passante per Adrano percorreva l’antico ponte che prese il nome di Ponte dei Saraceni per via del “casale dei saraceni” (Bulichiel). Una traccia importante è la frequentazione in età antica (V secolo?) delle vicinissime favare di Santa Domenica, lungo le sponde del Simeto.

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    1. Caro Francesco posso dirti che quel ponte era contestuale al periodo studiato ma non aveva attinenza con la via se non come opera collaterale. Il ponte di Adrano detto “dei saraceni” i normanni lo chiamano “sarracinorum” serviva la Trazzera che portava verso Troina la prima capitale ed era di elevata e primaria importanza per connettere la zona di nuova dominazione con i possedimenti aleramici lombardi dei parenti di Adelasia, moglie di Ruggero e ricca possidente del Piemonte antico, che si portò al seguito famiglia amici e parenti, tutti molto riottosi e violenti con la componente musulmana del regno.

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  2. A Cammini Francigeni;
    Con molto dispiacere e sgomento noto che una parte di tertitorio Siciliano ed in particolare la parte più sud, a partire dalle Province Catanese/Siracusano/Ragusano non sono minimamente citate e tanto meno contrassegnate sulla cartina geografica. La domanda che mi pongo e vi rimando è pertanto la seguente;
    Esisteteva ed oggi ancora vi è testimonianza storica dinun cammino che congiungesse siti geografici di notevole spicco storico/culturale che nei secoli hanno di certo contribuito i popoli all’incontro e lo scambio?? Nutro purtroppo non una convinzione ma un terribile sospetto, che questo pezzo di Sicilia ancora oggi non è poi così rappresentativo e la sua terra….resta sempre piu terra terra.
    Il mio commento non vuole essere una provocazione ma un semplice approfondimento storico. Non posso immaginare anche storicamente parlando una Sicilia che si dimentica di avere un pezxo del sui territorio nel dimenticatoio.
    Un cordiale saluto in atresa di vs. riscontro. G. Muti

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    1. Caro Giuseppe, sono Davide Comunale, ideatore del progetto e referente storico. Giusto per chiarirti che non c’è mai stato un tentativo di rappresentare solo una parte della Sicilia in età normanna. La carta che vedi rappresenta solo quello che abbiamo studiato, quello che i diplomi normanni riportano sotto la dicitura “viam francigenam” che a Castronovo di Sicilia è “magnam” scritto in greco “ten odon ten megalen (magnam)”; che a Santa Lucía del Mela è semplice “viam francigenam”; che a Vizzini/Grammichele in contrada Favara è “viam francigenam fabariam”; che tra Marsala e Mazara è “via francigena a turris Maimonis”…
      È chiaro e scontato che il sistema viario fosse reticolare e complesso e che toccasse anche la provincia di Siracusa…ma ad oggi diplomi non c’è ne sono.
      È nostro progetto studiare le tratte che si connettono con la via maggiore e che toccavano Siracusa, capitale bizantina che perse di potere in favore di Enna o di Troina; che toccavano Ragusa e le sue terre, più legate allo sfruttamento sotto il governo degli Aleramici, nobili cavalieri delle Langhe, giunti in Sicilia con Adelasia moglie del re e tendenti al governo brutale e cattivo delle componenti musulmane molto presenti in quella zona.
      Ciò che provo a dirti è di non guardare la Sicilia di una carta storica sempre perfettibile con gli occhi del moderno campanilismo (non ci siamo noi…quindi ci vogliono male) ne con “sgomento” proprio magari se non avessimo proprio citato nulla.
      La Sicilia francigena è ancora tutta da studiare.

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